Scariche
oscillanti
L’elettricità nei suoi
principi fondamentali
G. Marchi
1913
capitolo VIII
a) Bobine di induzione
§163 - Nella relazione che assegnava al Ruhmkorff
il premio di L. 50.000 istituito da Napoleone III per le migliori applicazioni
della Pila Volta, il Dumas, accennando alla grande importanza del nuovo
apparecchio, prevedeva che esso sarebbe stato fecondo di scoperte di ogni
sorta. Infatti si può dire che questo strumento quando divenne un vero e
proprio trasformatore determinò la praticità dei trasporti di energia elettrica
a distanza, e solo per suo mezzo sono state possibili le belle esperienze sulla
scintilla elettrica, che negli ultimi anni hanno tanto contribuito al progresso
della teoria e delle applicazioni.
Il Ruhmkorff era un meccanico tedesco che dirigeva a
Parigi una Officina per la costruzione di apparecchi elettrici. Fabbricò i
primi rocchetti di induzione verso il 1851.
La
bobina o rocchetto di Ruhmkorff si compone essenzialmente di un nucleo di ferro
dolce, cilindrico, formato riunendo in fascio un gran numero di sottili fili di
ferro verniciati o ossidati; su questo nucleo vengono avvolti due strati di
conduttore di rame isolato, della grossezza di circa 1 millimetro, poi un
numero grandissimo di giri di filo di rame, ben isolato con seta, del diametro
di circa un decimo di millimetro. Il filo grosso costituisce il primario,
quello fine il secondario, che resta completamente isolato dal filo grosso per
mezzo di uno spesso tubo isolante
infilato sul primario. Per quanto già detto ai capitoli precedenti, resterà
chiara la teoria di questo apparecchio.
Una
corrente intensa che attraversi il primario magnetizza fortemente il nucleo di
ferro creando un campo che da zero assume un valore elevato. Le spire
secondarie sono così sottoposte ad una grande variazione di flusso e ciascuna
di esse diviene sede di una forza elettro motrice indotta, istantanea. La
differenza di potenziale, totale, che si ottiene agli estremi del secondario, è
uguale alla f.e.m. generata in una
spira, moltiplicata per il numero delle spire. Quando la corrente primaria si
arresta, il campo cade da un massimo a zero ; le spire sono sottoposte ad
un'altra variazione di flusso, e perciò ad una seconda variazione di flusso, ad
una seconda f.e.m. diretta in senso inverso a quella precedente. Resulta che
interrompendo frequentemente la corrente nel primario, si ottiene al secondario
una successione di correnti indotte aventi potenziale tanto più elevato, quanto
maggiore è il numero delle spire di filo fine e il valore della variazione di
campo. Per ottenere quindi un buon effetto da una bobina di induzione, si
richiede:
a)
Che il nucleo di ferro sia sufficientemente frazionato, cioè formato da fili
sottili (da 1/2 a 2 mm.) e ben isolati fra di loro, perché non si producano
nella massa correnti indotte, le quali affievoliscono le variazioni di campo.
b)
La corrente primaria deve essere intensa: le interruzioni rapide.
c)
Il numero di spire secondarie deve essere elevatissimo
La seconda condizione è difficile ad ottenere
specialmente perché la self induzione del circuito primario tende a ritardare
l'annullamento del campo quando la corrente si arresta, producendo una forte
scintilla di rottura sul contatto dell'interruttore. Per eliminare questo
inconveniente viene generalmente usato un condensatore le cui armature
rimangono collegate in derivazione sui due reofori comunicanti col contatto
mobile, che serve per produrre le interruzioni.
Quando
la capacità del condensatore è ben proporzionata alla self induzione del primario
l'interruzione avviene con piccolissima
scintilla, la corrente assume un valore elevato, e le variazioni magnetiche più
energiche danno luogo a correnti indotte molto più forti. Lo schema dei
circuiti di un rocchetto di Ruhmkorff così costruito, è rappresentato dalle
fig. 262 263. Sul nucleo di ferro, sono i due strati di filo grosso, un capo
dei quale è direttamente in comunicazione col serrafilo e fissato allo zoccolo
di legno su cui è posato l'apparecchio, l'altro capo, comunica con una molla
oscillante portante un martellino di ferro m. La molla appoggia sulla punta di
platino di una vite sostenuta da apposito colonnino in contatto col secondo
serra filo S. Quando si collegano ai due serrafili S
e S', i poli di una batteria di pile al
bicromato, o di accumulatori, il ferro si magnetizza e attrae il martellino in
; così resta interrotto il circuito perché la molla noti appoggia più sulla
punta di platino, il ferro si smagnetizza, il martello viene abbandonato,
ritorna nella primitiva posizione, ristabilisce il contatto e viene quindi
attratto di nuovo. Si produce così una rapidissima vibrazione ed una frequente
serie di interruzioni.
fig. 262 – 263 - Schema del
rocchetto di Ruhmkorff munito di condensatore
Il condensatore C (generalmente collocato sotto lo zoccolo del rocchetto) è rappresentato schematicamente, sulla fig. 263 ; esso ha le sue due armature in comunicazione stabile, l'una col colonnino portante la vite di contatto e l'altra coi sostegno del martelletto. L'avvolgimento secondario, indicato sulla figura con tratto fine, comunica con due appositi serrafili t e t'. Tale è la disposizione più comune per i piccoli rocchetti, che vengono costruiti anche senza il condensatore. La corrente secondaria di un piccolo rocchetto di Ruhmkorff può raggiungere i due o tremila volta : produce perciò delle piccole scintille che hanno tutto l'aspetto delle scariche elettrostatiche. La scossa che ne deriva, toccando con le due mani gli estremi del secondario, è fortissima; tutti gli effetti insomma della corrente indotta son paragonabili a quelli che si ottengono colle macchine elettrostatiche.
Nei
capitoli seguenti vedremo quanto estesa sia l'applicazione di un tale strumento
e come siano varie le esperienze che con esso si possono eseguire, perciò può
essere utile ad un dilettante saper costruire da sé un rocchetto di medie
proporzioni. Indicheremo quindi qualche norma generale.
Fig. 264 – Rocchetto di
Ruhmkorff (sezione longitudinale)
§164. Il flusso che si può ottenere nel nucleo di ferro, dipende dalla sua
sezione in cm.2 che diremo s, moltiplicata per l'induzione massima la quale, dì
regola, non supera il valore di 6ooo unità, (vedi § io5). Se N è il numero di
spire secondarie e n il numero delle interruzioni per secondo, la f.e.m.
prodotta dovrebbe essere approssimativamente:
6000
x s x N x n
Questa
formula però non dà risultati esatti perché, pur essendo noto n, il
periodo di variazione è generalmente assai minore di 1/n di secondo, quindi
l'induzione risulta più energica. La formula però mette in evidenza che la
tensione è proporzionale in tutti i casi al prodotto s x n, ossia
alla sezione del nucleo in cm2, moltiplicata per il numero delle
spire secondarie, purché l'avvolgimento primario sia sempre sufficiente a
mantenere l'induzione indicata.
fig. 265 – Vista trasversale
del rocchetto di Ruhmkorff
Parrebbe
dunque che vi fosse interesse ad aumentare S
ed N, ma è facile verificare che per un
dato peso di rame secondario, l'aumento di S
oltre un certo limite, fa diminuire N e quindi l'effetto utile non se ne avvantaggia.
Conviene quindi attenersi a delle dimensioni medie consigliate più che altro
dalla pratica, in mancanza di un metodo teorico di costruzione che è troppo
difficile stabilire. Per un rocchetto di media grandezza, si possono ritenere
valide le proporzioni seguenti:
Nucleo di
ferro:
lunghezza da 8 a 12 volte, il diametro,
od anche più per i grandi rocchetti.
Diametro
massimo dell'avvolgimento secondario: da 3 a 5 volte il diametro del nucleo di ferro.
In ogni caso minore della lunghezza totale del
nucleo, in maniera cioè che questo possa sporgere oltre i limiti
dell'avvolgimento di filo fine per una lunghezza uguale ad una o due volte il
suo diametro.
Filo primario: In generale servono due
strati, per corrente da 4 a 10 volte fornita da accumulatori o pile. Il
diametro può variare da mm 0.8 a 1.5 secondo le dimensioni. Per
funzionamento con la corrente ad alto potenziale (100 a 150 volta) si impiegano
generalmente quattro strati di filo più sottile, intercalando un reostato sul primario
per mantenere in giusti limiti l'intensità.
fig. 266 - Sezione
trasversale dei due avvolgimenti, primario (a, b) e secondario (a', b')
Le fig. 264 e 265 rappresentano in sezione e
lateralmente, un rocchetto di facile costruzione, capace di dare effetti
abbastanza potenti quando il diametro del nucleo sia di circa 2 cm e tutte le
altre dimensioni nelle proporzioni già indicate.
La fig. 266 indica la sezione trasversale dei due
avvolgimenti concentrici coi rispetti isolamenti.
Le
testate R R' (fig.
264)
possono essere rilevate da tavolette di legno noce preventivamente bollite
nella paraffina. Il tubo contenente il fascio di fili di ferro, sul quale è
avvolto il primario, può essere di cartone; invece quello che separa il
primario dal secondario deve essere di mica o di ebonite e deve avere lo
spessore di 2 mm o più.
§165
- Avvolgimento secondario.
L'operazione
più delicata e difficile è l'avvolgimento del secondario, per il quale è
opportuno scegliere del buon filo di rame di mm 0,1 (un decimo) isolato con
doppia copertura di seta e, possibilmente tutto di un pezzo.
Si
monta il tubo di ebonite o di mica su una spina collocata sul tornio o su un
albero girevole, quindi si avvolge il filo, in strati regolari, uniformi
tenendo questi circa 1 centimetro o due più stretti della distanza fra le due
testate.
Ogni strato si isola dal seguente con un foglio di
carta velina, paraffinata, avvolta due volte.
Questi fogli si ottengono squagliando la paraffina
su carta forte, finissima, per mezzo di un ferro da stirare, caldo. Bisogna
eseguire l'avvolgimento in un ambiente asciutto e verificare ogni tanto la
continuità del filo per mezzo di pila e galvanometro, oppure con un telefono.
Se il filo di rame è interrotto bisogna riunirlo facendo una legatura
come è indicato nella fig. 267 e saldarla a
stagno, avvivando la saldatura con stearina (mai acido).
fig. 267 – Legatura per fili
di rame, sottili.
Per fare comodamente queste saldature si appunta il
filo già avvolto con una goccia di ceralacca, si attorcigliano insieme i capi
dei filo denudati e ben puliti, quindi si fa squagliare a parte, con una
lampada a spirito, un poca di saldatura a stagno, (stagno e piombo in parti
uguali) su una lastretta di rame pulita. Quando lo stagno è fuso si aggiunge un
pezzettino di stearina, si allontana dalla fiamma e subito vi si immerge la
legatura, che si scuote poi con un piccolo urto per farle abbandonare lo
staglio esuberante. La saldatura deve essere coperta con un nastrino
sottilissimo di seta, badando non rimangano sporgenti le punte dei filo, che
potrebbero forare l'isolante e stabilire contatti coli gli strati attigui.
Per impedire la rottura del capo interno
dell'avvolgimento, è opportuno saldare prima un nastrino di rame sottilissimo
(lamiera di 1 decimo larga un mezzo centimetro) sul tubo di ebonite, dalla
parte dalla quale l'avvolgimento incomincia ; su questo nastro si salda poi,
con un minuscolo saldatoio, il capo del conduttore secondario ed un filo un po'
più grosso per portarlo al serrafilo tI che generalmente si
fissa sulla testata dei rocchetto. L'altro estremo dell'avvolgimento si mette
in contatto col secondo serrafilo t.
E' molto comodo costruire separatamente il primario
dal secondarlo, in modo cioè da poter poi infilare questo su quello: però, in
mancanza di un perfetto tubo di ebonite, si può fare l'isolamento coi
successivi strati di mica e carta; tutto il rocchetto viene formato così di un
sol pezzo : il primario, in questo caso, deve essere avvolto prima del
secondario.
Eseguito l'avvolgimento, si infila il nucleo, e
sulle estremità di esso si applicano le due testate di legno che vengono
fissate allo zoccolo con due viti, come è indicato nella fig. 265. Il martelletto interruttore M, e il colonnino C,
possono essere disposti come indica la fig. 264.
I due capi b e b1 del primario si portano, attraverso appositi fori
praticati nella testata e nello zoccolo, alle rispettive viti del martelletto e
del serrafilo S: l'altro serrafilo S' (fig. 265)
comunica col colonnino C (fig. 264), per mezzo di apposito filo disposto
all'interno dello zoccolo.
Dalla vite del martelletto M e da quella del colonnino C, son poi derivati due sottili fili di rame che
servono a mettere queste due parti in comunicazione col condensatore C, collocato entro la base. Questo condensatore è indicato più chiaramente nella fig. 268.
fig. 268 – Condensatore per
rocchetto di Ruhmkorff
Si compone, come già abbiamo detto al § 34, di tanti
fogli rettangolari di stagnola alternati con altrettanti doppi fogli di carta
paraffinata. Le dimensioni della stagnola devono essere tali da lasciare, sui tre lati della carta, un margine scoperto di un centimetro o due : il
lato più lungo della stagnola si fa sporgere oltre il foglio isolante, in modo
da poter riunire in contatto reciproco, con apposite mollette metalliche, tutti
i fogli dispari da una parte e quelli pari dall'altra ; alle mollette sono
saldati due fili che servono alla comunicazione. Il pacco deve essere preparato
su una lastra di metallo o di marmo ben secca e calda : si stende prima un
doppio foglio di carta paraffinata poi uno di stagnola, quindi altri due fogli
di carta e via dicendo. Ogni cinque o sei fogli si applica un piano metallico
caldo per comprimere l'insieme caricandolo di pesi, si lascia sotto pressa un
quarto d'ora, mantenendo il calore, quindi si toglie e si applicano altri
cinque o sei fogli, ecc.
Il condensatore finito si stringe fra due piani di
ebonite o fra due tavolette rivestite di ebonite, serrate con appositi tiranti
e bulloncini di ferro od ottone, purché questi rimangano distanti tre o quattro
centimetri dalle parti metalliche. Infine si fa seccare il tutto in una stufa a
lento calore per circa due giorni. Non osservando queste precauzioni l'isolante
del condensatore si fora appena messo in azione; è perciò necessario
assicurarsi della buonissima qualità della carta e adoperarla sempre a doppio,
per compensare gli eventuali fori impercettibili che il foglio può presentare.
§166. ‑ Nella seguente tabella data dal Ruhmer, (i) sono indicate le dimensioni principali per la costruzione di piccoli rocchetti di induzione. Essa può servire come punto di partenza per progettare un piccolo apparecchio capace di produrre una determinata lunghezza di scintilla.
Per calcolare il peso e la resistenza dei conduttori
servono i dati della seguente tabella:
§167 - Per la costruzione dei grandi rocchetti occorre
un corredo di arnesi ed un metodo che
solo un'officina ben organizzata può possedere. La difficoltà però di trattare
completamente la teoria non ha permesso fin ora di stabilire dei dati per
progettare grandi apparecchi, perciò ogni ditta si attiene, nelle dimensioni e
nei rapporti fra il numero dei giri del primario e quelli del secondario, ai
criteri che ritiene migliori. La pratica dimostra poi che si ottengono
ugualmente dei buoni risultati con dimensioni e rapporti del tutto differenti,
ciò che sta a giustificare l'inutilità attuale di un calcolo preventivo delle
bobine (1).
(1) Armagnat.
– La bobine d’induction. Paris 1905 pag. 120
Il concetto di base che serve generalmente di
caratteristica per le dimensioni dei rocchetti di induzione è la lunghezza
della scintilla. Anche su questo punto però i dati teorici e pratici non sono
d'accordo. Gli sperimentatori che hanno cercato di determinare la lunghezza della
scintilla nell'aria, in funzione della differenza di potenziale, hanno ottenuto
risultati che sono quasi sempre diversi. Infatti, la lunghezza della scintilla,
o come si suol chiamare, la distanza esplosiva,
varia non solo con la forma e le dimensioni dei reofori fra i quali avviene la
scarica, ma anche con la temperatura e lo stato di ionizzazione dell'aria. Il
Prof. Righi ha dimostrato con esperienze sicure, che in alcuni casi la
scintilla scocca più facilmente per distanze maggiori perché una maggior
quantità di ioni può partecipare al fenomeno. Nonostante tali incertezze si può
però all'ingrosso giudicare della potenza di un rocchetto dalla lunghezza della
scintilla.
Indichiamo perciò alcuni dati che rappresentano le
medie di valori ottenuti da diversi sperimentatori, e che possono considerarsi
corrispondere al caso di scintille scoccanti fra due palline di ottone di circa
due centimetri di diametro, nell'aria, alla pressione e temperatura ordinaria.
I fisici che hanno dato i valori più attendibili furono
il Mascart, il Joubert, il Klingelfiuss. L'Ing. Jona, in uno studio completo
sulle distanze esplosive nell'aria provocate dalle correnti alternate
industriali ad alta tensione, dimostra poi che esse sono in generale superiori
a quelle delle scariche elettrostatiche e dei rocchetti (2).
(2) Ing. Jona – Distanza esplosiva.
L’elettricista, gennaio 1898
Questa tabella, per quanto approssimativa, dimostra
che le distanze esplosive aumentano più rapidamente delle differenze di
potenziale; è quindi necessario tener conto di tale fatto nel determinare le
distanze di sicurezza, alle quali devono essere collocati i diversi apparecchi,
quando si opera con differenze di potenziale elevate.
Per la determinazione delle dimensioni di una grande
bobina Ruhmkorff, un primo elemento di base è appunto la lunghezza della
scintilla, è certo che, per impedire delle scariche dannose, bisognerà che la
lunghezza totale del rocchetto secondario sia maggiore di quella della
scintilla. Indicando allora con S la
massima distanza esplosiva che si vuole ottenere dal rocchetto, si possono
adottare, come primo progetto, le dimensioni seguenti:
Lunghezza della scintilla S
Lunghezza
del corpo dell'avvolgimento secondario: S + (3/10) x S
Lunghezza del
nucleo di ferro : circa 2 x S
Diametro
del nucleo di ferro: circa 1/10 a 1/20
della sua lunghezza
Si noti che la variazione dei limiti di diametro del
nucleo di ferro, determina un cambiamento della sezione, proporzionale al
quadrato del diametro stesso. Un piccolo aumento o diminuzione di tale
dimensione importa quindi una differenza più notevole nella quantità dì spire
occorrenti al secondario. Alcune considerazioni teoriche porterebbero poi a
ritenere che non sia consigliabile superare, pel nucleo, un diametro di circa 10
cm., col quale si ha già una differenza di potenziale elevata fra due spire
consecutive del secondario.
§168 - La nozione della lunghezza della scintilla e per conseguenza quella della differenza di potenziale massima di
funzionamento, serve anche per determinare lo spessore degli isolanti.
Fig. 269 – Disposizione teorica delle varie parti di un
rocchetto di induzione
A questo proposito è da osservare che la differenza
di potenziale è minima sulla mezzaria trasversale del rocchetto e massima alle
estremità dell'avvolgimento secondario, perciò l'isolante, fra primario e
secondario, dovrebbe avere la forma indicata sulla fig.
269, mentre l'esterno della bobina di filo fine dovrebbe essere
leggermente convesso per iscriversi completamente entro il percorso delle linee
di forza magnetica. Questa disposizione è raramente usata nella pratica.
Si
indica con questo nome la proprietà di un dato isolante di resistere, senza
sfondarsi o rompere, all'azione di una forte differenza di potenziale. Per
avere un'idea di tale proprietà dei diversi isolanti, si possono consultare i
dati seguenti:
Natura
dell'isolante |
Migliaia
di volta per cm. di spessore (kilovolta) |
Vetro |
285 |
ebonite |
683 |
Mica |
2000 |
Micanite |
400 |
Carta
paraffinata |
300
a 450 |
Olio
d'oliva |
70 |
Olio
di lino |
83 |
Tali valori. approssimativi, si riferiscono però a
spessori piccoli (da 1 a 2 mm.) ; per gli spessori grossi la
rigidità non è proporzionale, ma diminuisce; occorre quindi tenere le grossezze
sempre un poco maggiori di quelle resultanti coi dati suesposti.
Così per esempio, per una scintilla di 100 millimetri, corrispondente ad una differenza di potenziale di circa 100.000 volta, dovrebbe bastare uno spessore di ebonite dato dalla proporzione:
Sarà invece consigliabile assumere uno spessore di
circa 4 o 5 millimetri, ed in
generale, prendere un valore sempre superiore da 3 a 5 millimetri a quello
risultante dai dati della tabella, osservando che un millimetro o due di
aumento in tale spessore, poco nuoce all'effetto utile, mentre assicura un buon
isolamento che è la migliore condizione per un funzionamento duraturo della
bobina.
§169 ‑ L'avvolgimento del circuito primario non presenta serie
difficoltà; quello del secondario invece deve essere eseguito con precauzioni
speciali che assumono una grande importanza per rocchetti a lunga scintilla. Il
metodo più generalmente adottato consiste nel fare l'avvolgimento in tanti
rocchetti o ciambelle di piccolo spessore, che vengono infilate sul cilindro
isolante, separandole l'una dall'altra con. dischi di ebonite (fig. 270).
Dette ciambelle
vengono formate con
Fig. 270. – disposizione
dell’avvolgimento secondario, diviso in sezioni
filo di rame 0,15 a 0,20 mm. di diametro, isolato con doppia copertura di seta. Il filo
viene avvolto sul tornio su di una forma metallica smontabile, fig. 271, che resta immersa alla parte inferiore nella
paraffina fusa. I due piatti a e b di questa forma, sono mantenuti a
distanza da un nucleo centrale leggermente conico perché la ciambella si possa
sfilare facilmente quando è finita: il diametro esterno minimo di questo nucleo
è uguale al diametro esterno del tubo isolante nel quale devono essere infilate
le ciambelle di filo.
Fig. 271 – Apparecchio per eseguire le sezioni del
secondario
Un capo del conduttore, si passa attraverso apposito
foro del piatto anteriore, quindi viene avvolto lentamente il filo che si
imbeve dì paraffina durante il suo passaggio entro il recipiente R. Quando la ciambella è terminata, si lascia
freddare, e si sfila dalla forma togliendone la parte anteriore : rimane così
un tutto omogeneo e compatto che può essere maneggiato senza pericolo di guastare
l'isolamento o rompere il filo. E’ buona regola però di verificare con pila e
galvanometro la continuità del filo, facendo magari una misura approssimativa
di resistenza per maggiore sicurezza e per servire di controllo nelle verifiche
ulteriori.
La riunione dei capi delle successive ciambelle o
sezioni, può essere eseguita in due modi : o secondo la fig. 272, collegando cioè un capo interno del conduttore di una,
coll'esterno della seguente, ed in questo caso le sezioni devono essere avvolte
tutte nel medesimo senso;
Fig. 272 – Sistema di collegamento delle sezioni
oppure secondo la fig. 273,
collegando cioè i due capi interni di due sezioni successive insieme, e quello
esterno della seconda con l'esterno della terza ecc., ed in tal caso, due
sezioni successive sono avvolte in senso contrario.
Fig. 273 – Sistema di collegamento delle sezioni
Questo secondo metodo permette di fare due sezioni
tutte d'un pezzo, con la solita forma: si avvolge la prima, poi si applica un
disco isolante su questa, e, senza smontarla, si infila un nuovo nucleo
centrale ; si applica il piatto (fig. 274) e si
eseguisce la seconda sezione saldandone il principio al capo interno della
prima, ma facendo l'avvolgimento in
senso contrario alla prima. Si
ottengono così delle doppie sezioni con i capi ambedue esterni che più
facilmente si uniscono fra loro.
Fig. 274 – Apparecchio per eseguire una sezione doppia
con filo di un sol pezzo
fig. 275 – 276 Apparecchio per eseguire una sezione doppia
con filo di un sol pezzo
Si potrebbe anche evitare la saldatura interna,
impiegando due rocchetti e incominciando l'operazione a metà del filo, che
viene introdotto nel disco della forma attraverso una fenditura radiale a, fig. 275. Quando
la prima sezione è finita, si fa la seconda con un rocchetto r (fig. 276) che, durante la prima operazione, si è
tenuto fisso sull'albero della forma. La fig. 276
rappresenta in questo caso la disposizione per il secondo avvolgimento, e la fig. 277 indica una doppia sezione finita coi suoi
capi a e ambedue esterni.
Fig. 277 – Sezione doppia con ambedue i capi a e b
esterni
L'esecuzione
di questi lavori, richiede una certa pratica ed una cura speciale per evitare
le rotture del filo ed i contatti che possono avvenire fra le spire quando la
copertura si deteriori.
Il sistema in sezioni rende più
sicuro l'isolamento ed in caso di guasto, questo rimane localizzato e può
essere riparato mettendo fuori circuito la sezione difettosa. Però, ha lo
svantaggio di ridurre lo spazio utile destinato al secondario e, quindi, di
aumentare - a parità di potenza le dimensioni generali del rocchetto.
L'adozione dell'uno o dell'altro metodo, dovrà perciò esser decisa a seconda
delle particolari condizioni di costruzione e della potenzialità
dell'apparecchio.
§170 - Un organo importante per i grandi rocchetti di induzione è
l'interruttore.
Il
tipo primitivo descritto al §163, può essere costruito separatamente dando ad esso
la forma rappresentata dalle fig. 278-279.
Oggi però gli interruttori a martello sono generalmente
abbondanti e vengono usati invece appositi apparecchi a motore, oppure gli
interruttori elettronici di Wehnelt. Gli interruttori meccanici più usati,
consistono in un getto orizzontale di mercurio il quale colpisce i grossi denti
di una ruota di ghisa in rapida rotazione.
Il
getto è alimentato da una piccola pompa che funziona con lo stesso motorino che
serve a far girare la ruota di ghisa.
Gli
interruttori elettrolitici di Wehnelt sono basati sul seguente principio: se in
un vaso contenente soluzione di acido solforico, si immerge una piastra di
piombo e un fil di platino protetto per tutta la sua lunghezza da un tubetto di
vetro, si osserva, collegando ad un positivo di una sorgente di corrente continua a circa 100 volta, e il
platino al negativo che si produce una violenta ebollizione intorno al filo di
platino, quando questo si fa sporgere
di circa un centimetro fuori del tubo di vetro: a tale fenomeno
corrispondono delle rapidissime interruzioni del circuito.
Fig. 278 – 279 – Interruttore a martello
Si
intende perciò che intercalando un Wehnelt
sul primario di un rocchetto, si avranno le interruzioni occorrenti per
il funzionamento.
La fig. 280 indica lo schema da adottarsi : V è il Wehnelt, i un interruttore, R
il rocchetto, S una resistenza induttiva
che rende più efficace l'azione dell'interruttore, quando è ben regolata.
Fig. 280 – Schema per l’applicazione dell’interruttore
Wehnelt
Volendo
mettere insieme da sé uno di tali interruttori conviene adottare un grande vaso
di vetro con molta acqua acidulata, e adoprare per negativo un filo d'acciaio
di 2 mm, infilato in un tubetto di vetro. Avendo disponibile un pezzetto di
filo di platino, si potrà saldare all'estremità di un pezzo di filo grosso di
rame verniciato e protetto con tubo di vetro. Il numero di interruzioni che si
possono raggiungere con tali apparecchi supera il migliaio per secondo.
§171 - Le bobine di induzione di grandi dimensioni che vengono costruite
modernamente non differiscono in sostanza dai tipi primitivi. In generale,
viene dato uno sviluppo più grande, in lunghezza, al nucleo interno che porta
l'avvolgimento primario. L'isolamento è oggetto di cure particolari e viene
eseguito generalmente con mica, ebonite, ecc.
Fra i più grandi rocchetti è da citare quello del
politecnico di Londra, costruito, da. Apps. Dà una scintilla di 75 cm. ed il
rocchetto è lungo complessivamente tre metri con un diametro massimo della
bobina di 6o cm. Il nucleo di ferro pesa 46 kg. Un altro grande rocchetto fu
costruito dal Klingelfluss per l'esposizione di Parigi, nel 1900. Il nucleo di
tale rocchetto pesa 85 kg. ed ha 86ooo giri di filo secondario: la scintilla è
di un metro.
Il rocchetto di Max Levy di Berlino dà pure
scintille di 1 metro, con 100000 giri al secondario, ottenuti con 16o
chilometri di filo. Nelle misure adottate dai migliori costruttori si notano
differenze assai grandi, ciò che dimostra come pur seguendo criteri differenti
sia possibile raggiungere risultati ugualmente buoni.