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momenti di studio

coordinatore

Raimondo Guarino
Pensiero - occhio

I love theatre

Discorsi dello sguardo
Raimondo Guarino .Pensieri nella stanza visiva
 
Antonio Caronia .La metafora, il paradosso
 
Gianni Zanarini I linguaggi della scienza: svelamenti, narrazioni, manipolazioni
 
Silvano Petrosino L'apparire e il risplendere. Tipologia di sguardi.
Pensieri nella stanza visiva Raimondo Guarino

Perché mi cattura l'immagine della «stanza visiva» con cui Wittgenstein, nelle Ricerche filosofiche, sigilla la relazione tra il guardare e il comprendere?

Per questa stanza «un fuori non esiste». Essa è una condizione formale del vedere e del riconoscere che  preesiste ai processi mentali del soggetto. Non mi appartiene, ma io appartengo ad essa. In quanto istanza impersonale, mi consente di supporre che il mio sguardo sia comparabile allo sguardo dell'altro e di muovermi in ciò che chiamo certezza del sentire o del vedere o del riconoscere. Nella stanza visiva è possibile localizzare una relazione formale e allo stesso tempo concreta.

Il teatro, questo spazio separato, esclusivo, maniacale del veder agire, funziona come l'incontro tra questo sguardo avulso, che è condizione e stato della mia esperienza, e lo sguardo avulso dell'altro. Operando, dividendo e componendo lo spazio compreso nella stanza visiva, posso presumere di elaborare e comporre lo spazio altro ma omogeneo che è la stanza visiva dove si mostra la mia stanza visiva, e dove, a rigore, si verifica la non-appartenenza dello sguardo.

La comunicazione visiva che si attua nel luogo e nel tempo del teatro si basa su questa drammatica sovrapposizione, non sul semplice passaggio di figure, di corpi, di immagini.

Lavorando sulla stanza che illusoriamente chiamo il mio sguardo, so di intervenire su altre stanze. Ciò che mi appartiene non è la forma della stanza, la condizione della relazione ottica, ma la possibilità di comporre al suo interno le sorprese dell'estasi, della rivelazione.

Ho sempre pensato a un dialogo immaginario, necessario, mai accaduto tra Ejzenštejn e Wittgenstein. Nel dialogo l'artista sostiene, secondo i concetti fondamentali della sua estetica pratica, che il senso delle arti dello spettacolo è l'alterazione dei processi mentali attraverso l'intervento sui meccanismi percettivi. Il filosofo sostiene, per suo conto, che i livelli elementari della comprensione e del riconoscimento del mondo esterno sono preliminari e depositati in una forma della visione che partecipa di una convenzione e preesiste alle singole operazioni mentali. Se penso al loro dialogo come a una contesa, il filosofo vince nel campo degli automatismi, nella fondazione del terreno comune che consente la comunicazione e la relazione tra esperienza e significato. Il maestro dello sguardo che è l'artista vince nella fede della sintesi tra condizioni della percezione e produzione dell'emozione, nella modificazione del nesso tra esperienza e significato. Il territorio di azioni e manufatti che nella nostra cultura chiamiamo arte, riferito alla percezione, è caratterizzato dalla possibilità che coesistano gli automatismi del riconoscere e le tensioni dell'estasi come spostamento cognitivo.

L'idea della stanza ci radica  in una fertile terra di nessuno. Ci dice che il lavoro sullo sguardo comincia nello sguardo, che il lavoro sulla mente passa e opera concretamente nella stanza degli sguardi.

In che misura è possibile parlare del fare teatro come lavoro sullo sguardo restando nell'aura simbolica, nella potenza concettuale di questa stanza? Il teatro non è il campo, il fossile culturale di uno sguardo collettivo abitato, incrostato, assediato da visioni individuali? Non è l'incontro tra una lingua, una norma del guardare  e l'occasione di indurre, provocare il gioco dell'alterazione, di costruire su una forma impersonale la condizione di estasi condivise? È come se nell'epoca delle macchine della visione e della riproduzione dello sguardo, la condizione elementare della stanza visiva sollevi gli spazi contingenti, molteplici del reale su cui interviene l'azione a una condizione formale, a una funzione simile a un culto. Nella coniugazione tra i siti concreti e la stanza visiva, teatro è la cerimonia del passaggio dell'occhio, della coabitazione nella stanza, nella viva e visibile rete degli sguardi possibili.

Vedo, nella metafora della stanza, e nel luogo del teatro, l'amplesso della fedeltà e dell'estraneità, dell'identità e dell'impersonalità, come senso radicale e possibilità estrema del lavoro sullo sguardo.

.La metafora, il paradosso Antonio Caronia

Tanto la metafora quanto il paradosso (strumenti ed esiti caratteristici non solo del pensiero scientifico, ma di ogni attività intellettuale) hanno la loro origine in uno sguardo obliquo e altro sul presente. Nel primo caso vengono connessi due eventi lontani fra loro nel tempo o nello spazio o nella categorizzazione, che dal loro inedito accostamento acquistano un rilievo particolare. Nel secondo, un evento si presenta "inguardabile" in un sistema di visione acquisito, e porta a interrogarci sulle modalità e i limiti di quest'ultimo. Metafore e paradossi sono due figure del linguaggio che rimandano ad altro dal linguaggio stesso, al fondamento percettivo della cultura.

I linguaggi della scienza: svelamenti, narrazioni, manipolazioni Gianni Zanarini

La scienza non è una realtà omogenea, e neppure i suoi linguaggi lo sono. Incontriamo infatti i linguaggi che dicono una verità razionale nascosta, inaccesssibile allo sguardo; i linguaggi delle grandi narrazioni sul mondo e sulla vita; i linguaggi della manipolazione tecnicoscientifica. Ma, al di là di queste differenze, i lunguaggi della scienza hanno in comune un tendenziale occultamento della dimensione personale e affettiva dell’impresa scientifica. Eppure la ricerca scientifica è un’attività che nasce da desideri profondi e intensi, che elabora visioni del mondo, she sviluppa immagini della conoscenza. Come rintracciare e con quali linguaggi comunicare queste dimensioni nascoste eppure essenziali?

Gianni Zanarini è professore di fisica e di Acustica Musicale nell’Università di Bologna. Tiene inoltre un corso su Scienza e Letteratura nel Master in Comunicazione della Scienza della Scuola Internazionele Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. I suoi interessi di ricerca riguardano soprattutto l’approfondimento di temi storico-epistemologici e lo studio delle relazioni tra scienza, letteratura e musica. Tra le sue pubblicazioni: complex System and Cognitive Processes, Springer Verlag 1989; Diario di viaggio: auto-organizzazione e processi cognitivi, Guerini 1990; Ludwig Boltzmann: una passione scientifica, Cuen 1996, Appassionato rigore: visioni del mondo e passioni scientifiche, Cuen 2001.

L'apparire e il risplendere. Tipologia di sguardi. Silvano Petrosino

....Nella quotidianità, pur essendo sempre presente, il qualcosa non risplende mai, qui l’essere del qualcosa non emerge mai come emergente, e questo è possibile perchè in essa è l’essere-proprio-quel-qualcosa del qualcosa a restare come velato nell’urgenza dell’utilizzazione e della manipolazione: nella quotidianità ci si occupa ininterrottamente del qualcosa, si ha costantemente a che fare con il qualcosa, ma sempre all’interno di una sorta di indifferente cecità nei confronti del suo splendore, non avendo mai tempo per l’unicità di questo risplendere e per il risplendere di questa unicità. L’esperienza dello stupore rappresenta di conseguenza una rottura della quotidianità, senza per questo essere una fuga dalla realtà; qui non vi è alcuna estasi o rapimento, ma anzi l’istituirsi di un rapporto più interno e intimo con il qualcosa che ora appare nell’evidenza e nell’intimità del suo-essere proprio-quel-qualcosa....

Silvano Petrosino, nato a Milano nel 1955, insegna semiotica e filosofia teoretica all’Università Cattolica di Milano e di Piacenza. Tra le sue opere: La verità nomade. Introduzione a Emmanuel Lévinas (Milano 1980, Paris 1984), Jacques Derrida e la legge del possibile (Milano 1983, Paris 1994), Fondamento ed esasperazione (Genova 1992), Visione e desiderio (Milano 1992), Lo stupore (1997)

Lavori sullo sguardo
Vedere - agire Masque teatro, Teatro del Lemming, Accademia degli Artefatti
Scena Verticale, Deposito dei Segni, Kinkaleri
Egumteatro, L'officina dell'Q-Uroboros, Terzadecade
Cosa c’è di irriducibile nella tua visone del mondo?

. la nostra visione del mondo si imbatte con lo sguardo del mondo.

. come il proprio sguardo si riflette sul proprio operare.

. il nostro occhio, non solo rivela il mondo a noi, ma rivela noi, ciò che siamo, sappiamo e desideriamo, al mondo.

. prendere le distanze per vedere meglio, o semplicemente per poter vedere

. vedere: strumento o stato?

. chi detiene lo sguardo teatrale?

. esiste un sapere teatrale?

. come le pratiche si traducono in categorie del sapere

. come le categorie del sapere si dissociano dalle pratiche

. come rendere leggibile in termini teatrali il binomio pensiero-occhio?

Oggetti concettuali

I

“ Se, prendendo l'occhio di un uomo appena morto o, in mancanza, quello di un bue o di qualche altro animale di grossa taglia, voi taglierete con destrezza verso il fondo le tre pelli che lo ricoprono, in modo che una gran parte dell'umore che vi si trova rimanga allo scoperto, senza però che alcuna parte di esso si versi fuori; poi, avendolo ricoperto di un qualche corpo bianco, che sia così trasparente che la luce possa passarvi attraverso, come, ad esempio, un pezzo di carta o un guscio d'uovo RST, voi metterete quest'occhio nel vano di una finestra appositamente aperta, come z, in modo che esso abbia la parte anteriore, BCD, rivolta verso il luogo in cui si trovano diversi oggetti, VXY, illuminati dal sole, e la parte posteriore, in cui si trova il corpo bianco RST, rivolta verso l'interno della camera P dove voi vi troverete e in cui non deve penetrare altra luce che quella che potrà filtrare attraverso l'occhio, tutte le parti del quale, da C fino a S, sono, come sapete, trasparenti. Fatto ciò, se guarderete il corpo bianco RST, vi vedrete, forse non senza ammirazione e piacere, una pittura che rappresenterà molto ingenuamente in prospettiva tutti gli oggetti che saranno all'esterno... “.

Descartes (Euvres, a cura di Adam e Tannery, vol VI, p. 115)


II

“ Supponiamo che il mio globo oculare sia fissato dietro una finestra in modo che io veda la maggior parte delle cose attraverso questa. Allora la finestra potrebbe assumere il ruolo di una parte del mio corpo. Quel che è vicino alla finestra è vicino a me. (Assumo di avere, anche con un occhio solo, una visione tridimensionale.) Assumo inoltre di essere in condizione di vedere il mio globo oculare in uno specchio e di distinguere ‑ eventualmente appesi fuori agli alberi ‑ globi oculari simili. A questo punto come posso riconoscere o pervenire all'ipotesi di vedere il mondo attraverso la pupilla del mio globo oculare? Non essenzialmente in altro modo, se non in base al fatto che vedo il mondo attraverso la finestra o caso mai da uno spiraglio aperto in una tavola, subito dietro la quale se ne stia il mio occhio...

Anzi, se il mio occhio se ne stesse isolato all'estremo di un ramo, mi si potrebbe rendere ben chiara la sua condizione, avvicinandogli sempre più un anello, fino a che non vedessi tutto quanto attraverso questo. Anzi, si potrebbe anche accostare all'occhio l'antico intorno ‑ archi sopraciliari, naso, ecc. e io saprei dove ogni cosa andrebbe messa.

Ora, però, tutto questo vuol dire che il quadro visivo contiene dopo tutto o presuppone essenzialmente un soggetto? O non è vero piuttosto che da quei tentativi ottengo solo degli schiarimenti di natura puramente geometrica? Vale a dire schiarimenti che continuano a riguardare soltanto l'oggetto “

L. Wittgenstein, (Osservazioni filosofiche, trad. it. Torino 1976, p. 57)


III

Jasper Johns, lo sguardo critico II

Metallo, plastica e vetro, 1964. Philadelphia Museum of Art


giovedì  20  settembre
Discorsi dello sguardo ore 10.30 villa Masini

Introduzione alla stanza visiva

Raimondo Guarino

ore 12.00

La metafora, il paradosso

Antonio Caronia

Lavori sullo sguardo ore 15.00 vedere - agire

Masque teatro, Teatro del Lemming, Accademia degli Artefatti

venerdì  21  settembre
Discorsi dello sguardo ore 11.00 villa Masini

I linguaggi della scienza: svelamenti, narrazioni, manipolazioni

Gianni Zanarini

Lavori sullo sguardo ore 15.00

vedere - agire

Scena Verticale, Deposito dei Segni, Kinkaleri

sabato  22  settembre
Discorsi dello sguardo ore 11.00 villa Masini

L'apparire e il risplendere. Tipologia di sguardi.

Silvano Petrosino

Lavori sullo sguardo ore 15.00

vedere - agire

Egumteatro, L'officina dell'Q-Uroboros, Terzadecade

domenica  23  settembre

sguardo del mondo

ore 11.00

villa Masini

Pensiero-Occhio . I love theatre

Masque Teatro

sguardo del teatro
ore 12.00

Teatro e stanza visiva

Raimondo Guarino

Discussione ore 15.00

Egumteatro, Accademia degli Artefatti, Scena Verticale,

L'Officina dell'Q-Uroboros, Teatro del Lemming,

Kinkaleri, Terzadecade, Deposito dei segni