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Santarcangelo dei teatri 2004 | Masque teatro | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Davai: sembra ripetere eternamente l’altro eroe dell’opera. Le membra fragili si staccano dalla terra ed emergono nell’acqua putrida e gelida. Davai …. E Ivàn se ne va. Nel grembo di quell’uomo che ci
dà la madre, nasce la culla perenne dei nostri sogni. Inseguili, custodiscili,
rassegnati ad essi, sii loro così vicino da non riconoscerli più. Sempre sull’attenti. Qui. Ora. Al posto di guida. Su questo
quaderno mastro. Scrivere di qualcosa che non esiste. Che sta nascendo.
Eppure il fatto vorrebbe sopraffarla, deve averla vinta. Noi, gli intenti
ai fatti, coloro che fondono le cose
e i luoghi, rame solforoso per un bronzo che non si affatichi,
noi, dicevo, perso nell’intento di una scrittura che cerca coloro che
un tempo educarono, i poveretti, cercatori di ori marci, di tigri pigre,
affossati mestamente. Capisce il funzionamento? L’erpice comincia a scrivere; compiuto
il primo tratto di iscrizioni sul dorso, lo strato d’ovatta scorre e volta
adagio il corpo sul fianco, per offrire nuovo spazio al dente. Intanto
le parti trafitte posano sull’ovatta, la quale grazie ad una preparazione
speciale, arresta subito l’emorragia, rendendo possibile una nuova e più profonda incisione. Epimeteo e come lui, noi, a cercarne, invano, la comprensione.
Sottile, velata di incongruenza, la vista appare, come cumulo
di gomene, canape, metalli (dietro a questi stanno le figure nell’attesa,
le mandibole meccaniche, pronte all’urlo, soffiano sul fuoco ardente delle
fucine, il carbone di legna si unisce al calcare per dare la forza allo
stagno, che urla). Il velo nasconde l’oggetto, diluisce la polvere, succhia
l’ossido bianco e la terra perde consistenza, quasi dimentica del suo
antico compito, quello di arginare per dissolversi. Allunghiamo una mano,
(oh, lettori!), una ferita al cuore, in tal caso una vera ferita, il pennello
è caduto. Non c’è più. Cosa rimane di quel ragazzo? In due parti diviso,
la macchia stenta a dissolversi, la camera indugia sul vortice, dimentica
l’orrore del prima, eppure tutto è immobile, l’acqua scorre, il vento
semina le erbe della sua docilità, il fiume resta lì, a dipingere la scena. Cechi di una aspirazione, a tutti i costi. Volo, volo.! Saltava su quella lamiera forata, un sottanino da gheisha,
gesso in faccia, una grande fatica, il viso chinato, sulla spalla, e cadi:
arco di cerchio. Loro cadevano allora, allievi di un luogo che non c’era,
di un’idea mai nata, corpi rinsecchiti pronti a divenir pelle di tamburo
e nuovamente il suo nome: Stefan Alcoooootttt! Che stia leggendo dai suoi appunti? Esercizio costante: gambe tese, piedi a martello. Martello. E’ una massa di acciaio innestata su di un manico
di legno. Il peso medio del martello d’attore va da 600 grammi al Kilo.
Il peso più adatto varia a seconda della natura dell’attore: chi è fornito
di grandi masse muscolari sceglie il più pesante; un carattere nervoso
e svelto preferisce un martello più leggero. Il lavoro svolto da un martello
dipende da due condizioni: il peso e la velocità impressagli dal braccio,
in queste proporzioni: a peso doppio, lavoro doppio, a velocità doppia,
lavoro quadruplo. Cioè il lavoro è proporzionale al peso per il quadrato
della velocità. Quindi nella scelta del martello, non prendete il più pesante della serie, ma quello di maggior peso che, dopo ripetute esperienze,
non pregiudichi la sveltezza dei movimenti. Se vi accingerete a questo, mai vi capiterà di affrancarvi
dal vostro destino: che sia benevolo, ancora una volta. |
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l'icona | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
la campana | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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