Capitolo 1 

 

la mia giovinezza

 

Lo sviluppo progressivo dell’uomo è direttamente legato  all’invenzione.

Essa è  il  prodotto più importante della sua mente creativa.

Il suo scopo ultimo è il dominio completo della  mente sul mondo  materiale, l’imbrigliamento delle forze della natura  per le necessità umane.

Questo è il difficile compito  dell’inventore che è spesso male interpretato e non remunerato.

Ma egli trova ampia compensazione  nel piacevole esercizio dei propri poteri e nella consapevolezza di appartenere a quella  classe privilegiata senza la quale la razza umana sarebbe già da tempo scomparsa nell’amara lotta contro gli elementi naturali. 

 

Parlando di me, ho già pienamente goduto  di questo squisito piacere; tanto, che per molti anni la mia vita è stata segnata da continue estasi.

Sono stato considerato un indefesso lavoratore e forse lo sono, se  pensare è  equivalente a  lavorare,  io  ho dedicato ad esso quasi tutte le mie ore di veglia.

 

Ma se per lavoro si intende una ben definita attività in un tempo specifico, secondo una regola rigida, allora  io posso essere  considerato il peggiore degli oziosi.

Ogni sforzo sotto coercizione richiede un sacrificio di energia vitale.

Non ho mai pagato  un tal prezzo.

Al contrario, io ho prosperato sui miei pensieri.

 

Nel  tentare di dare un resoconto omogeneo e fedele delle mie attività in questa storia della mia vita, devo indugiare, comunque di malavoglia, sulle impressioni della mia gioventù e le circostanze e gli eventi che hanno profondamente influenzato il mio lavoro.

 

I nostri primi tentativi sono puramente istintivi prendono vita da  un’immaginazione vivida e indisciplinata. Nell’invecchiare, la ragione si rafforza e noi diveniamo sempre più sistematici nel  fare progetti.

Ma quegli impulsi giovanili,  sebbene non immediatamente produttivi, sono dei grandi momenti  e possono plasmare il nostro proprio destino.

 

Davvero, sento, ora, che se li avessi  capiti e coltivati invece di sopprimerli, avrei aggiunto valore sostanziale al mio lascito al mondo.

Ma solo quando raggiunsi la maturità compresi che ero un inventore.

 

 

Questo fu dovuto a un certo numero di cause.

 

In primo luogo io avevo un fratello che era dotato di straordinario ingegno; uno di quei rari fenomeni  della mente a cui la ricerca biologica non è in grado di dare una spiegazione.

La sua  morte prematura lasciò i miei genitori terrestri sconsolati. (Spiegherò più avanti il mio rimarcare "genitori terrestri”.)

Avevamo un cavallo che ci era stato regalato da  un caro amico.

Era un animale magnifico di razza araba e possedeva un’intelligenza quasi umana;  era circondato dalle attenzioni di tutta la famiglia, avendo salvato  la vita di mio padre in  circostanze straordinarie.

Mio padre era stato chiamato una notte di inverno a compiere un dovere urgente e mentre attraversava le montagne, infestate dai  lupi, il cavallo  si spaventò e fuggì via, gettandolo violentemente a terra.

Il cavallo arrivò a casa sanguinante ed esausto, ma subito dopo aver dato l’allarme, fece  ritorno nella  macchia, e prima ancora che il gruppo dei ricercatori si fosse addentrato nella foresta, ritrovò  mio padre, che nel frattempo aveva  recuperato coscienza; rimontò in sella, senza realizzare di  aver giaciuto nella neve per molte ore.

Questo stesso cavallo fu responsabile delle ferite riportate da mio fratello, per le quali morì.

Io fui testimone di quella tragica scena e sebbene tanti anni siano  passati da allora, l’impressione dell’accaduto non ha perduto niente della sua forza.

 

Questo ricordo rendeva insignificante  ogni mio sforzo. 

Qualunque cosa io facessi, anche encomiabile, acutizzava soltanto il dolore dei miei genitori  per  la  perdita del loro figlio maggiore.

Così crebbi con scarsa fiducia nelle mie capacità.

Ma  ero  lontano dall’essere considerato un ragazzo stupido, a giudicare da un avvenimento del quale ho ancora un forte ricordo.

Un giorno i consiglieri anziani stavano passeggiando lungo una strada dove io  giocavo con altri ragazzi.

Il più vecchio di questi venerabili signori, un ricco cittadino, si fermò per dare una moneta a ciascuno di noi.

Quando mi fu vicino, improvvisamente si  fermò e mi ordinò, “guardami negli occhi.”.

Io incontrai il suo sguardo, e la mia mano si distese a ricevere le monete; con mia costernazione, egli disse, “no, non troppe; tu non puoi ottenere niente da me. Sei troppo intelligente.”

 

I miei genitori erano soliti  raccontare una storia divertente su di me.

Avevo due vecchie zie con la faccia tutta raggrinzita; una di loro aveva due denti sporgenti come  le zanne di un elefante, che affondava  nella mia guancia ogni volta che  mi baciava.

 

Niente mi spaventava di  più  allora della prospettiva di aver vicino queste affettuose parenti.

Accadde  che mentre  mia madre mi portava in braccio, esse mi chiedessero  chi fosse la più  carina  delle due.

Dopo aver  esaminato intensamente  le loro facce, risposi  pensierosamente, puntando il dito verso una di loro, “ecco, questa  non è così brutta quanto l’altra.”

 

Poi ancora, ero stato promesso dalla mia  nascita al sacerdozio  e questo pensiero  mi opprimeva costantemente.

Io volevo diventare un ingegnere, ma  mio padre era inflessibile.

 

Egli era il figlio di un ufficiale che aveva servito nell’esercito del Grande Napoleone ed in comune con suo fratello, professore di matematica in un’istituzione molto importante, aveva  ricevuto un’istruzione militare; ma più tardi, abbastanza singolarmente, aveva abbracciato il clero e in questa vocazione si distingueva in modo eminente.

 

Era un uomo molto erudito, un vero filosofo naturale, poeta  e scrittore  e i  suoi sermoni erano tanto eloquenti quanto quelli di Abramo a Santa Clara.

 

Aveva una memoria prodigiosa e spesso recitava a memoria in diverse lingue.

 

Rimarcava spesso allegramente che se parte dei classici fossero andati perduti lui avrebbe potuto  ripristinarli.

Il suo stile di scrittura era molto ammirato. La sua penna emetteva sentenze brevi e pungenti piene di intelligenza e  satira.

I commenti umoristici che lui faceva erano sempre particolari e caratteristici. 

Posso giusto  menzionare un esempio o due.

 

Fra gli aiutanti, c’era un uomo strabico chiamato Mane, impiegato alla fattoria.

 

Un giorno stava spaccando la legna.

Come lui sollevò l’accetta, mio padre, che stava vicino a lui e si sentiva molto scomodo, lo avvertì:  “per amor di Dio, Mane, non tentare di colpire ciò che stai guardando ma ciò che intendi colpire."

In un’altra occasione, mentre egli stava conducendo una carrozza, ad un amico che spensieratamente permise  alla sua costosa pelliccia di sfregare una delle ruote,  gli si rivolse  dicendo, “stai attento alla tua giacca; stai rovinando il mio pneumatico.”

 

Aveva la singolare abitudine di parlare con se stesso e intraprendere conversazioni animate, accalorandosi e perfino cambiando il tono della sua voce.

Un ascoltatore casuale avrebbe giurato che c’erano  diverse persone  nella stanza.

 

Comunque, io debbo all’influsso di mia madre l’inventiva che possiedo; l’educazione che lei mi impartì fu davvero preziosa.

Comprendeva ogni sorta di esercizi, come: indovinare i pensieri l’uno dell’altra, scoprire i difetti di alcune forme di espressione, ripetere lunghi brani, o effettuare  calcoli mentali.

 

 

Questi lezioni quotidiane tendevano a fortificare la memoria e la ragione, e specialmente a sviluppare il senso critico, ed furono indubbiamente di grande beneficio.

 

Mia madre discendeva da una delle più vecchie famiglie contadine del paese e da  una stirpe di inventori.

Sia i suoi genitori che i nonni avevano costruito numerosi attrezzi per la fattoria, l’agricoltura  ed altri usi.

Era una gran donna, di rara abilità, coraggio e forza d'animo, che aveva affrontato le tempeste della vita e attraversato molte esperienze difficili.

Quando aveva sedici anni, una pestilenza virulenta scoppiò nel paese.

Suo padre fu chiamato lontano per dare gli ultimi sacramenti ai morenti e durante la sua assenza, lei andava da sola ad assistere  una famiglia vicina  colpita dalla terribile malattia.

 

Lavò le stoffe e preparò i corpi, decorandoli coi fiori secondo il costume del paese e quando il suo genitori ritornarono era  tutto pronto per una sepoltura cristiana.

 

Mia madre era un’inventrice di primo ordine e, credo, avrebbe  realizzato grandi cose, se non fosse stata così lontana dalla vita moderna e dalle sue molteplici opportunità.

 

Inventava e costruiva tutta una serie di   attrezzi e apparecchiature e ricamava in modo eccellente.

Allo stesso modo  piantava le sementi, coltivava  le piante e separava le fibre. Lavorava infaticabilmente, dall’alba fino a tarda notte, e la maggior parte degli abiti e degli  arredamenti della casa erano  prodotto delle sue mani.

Anche dopo i sessant’anni, le sue dita erano agili e ferme al punto da fare tre nodi in una ciglia.

C’era un’altra ed ancora più importante ragione  per il mio tardivo  risveglio.

Da bambino, soffrivo  di una particolare depressione dovuta all’apparizione di immagini, accompagnata spesso da forti bagliori  di luce, che disturbavano  la mia visione degli oggetti reali e creavano confusione nei miei pensieri e nelle mie azioni.

Erano immagini  di cose e scene che avevo visto realmente, mai immaginate. Quando una parola mi era detta, l’immagine dell’oggetto che  la designava era presente così vividamente nella mia mente che qualche volta ero anche incapace di distinguere se ciò che vedevo fosse reale o meno. 

Questo mi causava grande disagio  e ansia.

Nessuno degli studiosi di psicologia o di fisiologia che ho consultato, mi hanno dato  una spiegazione soddisfacente di questo fenomeno.

Loro pensavano che io fossi unico ma io sapevo che mio fratello aveva vissuto esperienze simili.

 

La teoria che io avevo  formulato è che le immagini  fossero il risultato di un riflesso azionato dal cervello sulla retina sotto  grande eccitazione.

Certamente non  erano le stesse allucinazioni  di un malato,  poiché per altri aspetti io ero normale e composto.

 

Per dare un’idea della mia angoscia, supponete che io avessi assistito ad  un funerale o ad uno spettacolo molto emozionante.

 

Inevitabilmente, nella calma della sera, un ritratto vivido del mondo si instaurava in me  al di là di quello che i miei occhi effettivamente vedevano e persisteva a dispetto di tutti i miei sforzi per allontanarlo.

Se la mia interpretazione è corretta, dovrebbe essere possibile proiettare su uno schermo  l’immagine di ciascun oggetto da noi concepito e quindi renderlo visibile.

Una tale anticipazione rivoluzionerebbe tutte le relazioni umane.

 

Sono convinto che questa meraviglia  può e sarà realizzata nel tempo a venire.

Posso aggiungere che ho dedicato molti pensieri alla soluzione del problema.

 

Sono stato capace così di riflettere una immagine, che avevo visto nella mia mente, nella mente di un'altra persona, posta in un'altra stanza.

Per liberarmi di queste immagini che mi tormentavano, cercavo di concentrare  la mia mente su qualcos'altro, ed in tal maniera spesso ottenevo un temporaneo sollievo; ma per ottenerlo dovevo continuamente  evocare nuove immagini.

 

Non passava molto tempo che mi  trovavo ad aver esaurito tutto quello che era nel mio campo visivo; il mio “gomitolo” si esauriva in breve tempo, perché avevo visto poco del mondo—solo gli oggetti nella mia casa e negli immediati dintorni.

 

Come io compivo questi operazioni mentali per la seconda o terza volta, per inseguire le apparizioni scaturite dalla mia immaginazione, il rimedio gradualmente perdeva tutta la sua forza.

 

Poi istintivamente cominciai a fare  escursioni al di là dei limiti del piccolo mondo di cui avevo conoscenza, e vidi nuove scene.

 

Queste erano dapprima sfuocate ed indistinte, ed avrei voluto volare via quando cercavo di  concentrarmi su di esse.

Queste guadagnavano in forza e in definizione e alla fine assumevano la concretezza delle cose vere.

 

Presto scoprii che ottenevo il miglior  conforto se, semplicemente, seguivo la mia visione sempre più lontano, ottenendo nuove impressioni, così io cominciai a viaggiare; naturalmente, nella mia mente.

Ogni sera, (e qualche volta durante il giorno), quando ero solo, partivo per i miei viaggi - vedere nuovi luoghi, città e paesi; vivere là, incontrare persone, fare amicizie e  conoscenze e, anche se può non essere credibile, è un fatto che quelle persone mi erano care proprio come quelle della vita reale, e non meno intense nelle loro manifestazioni.

Questo è ciò che facevo continuamente fino ai diciassette anni di età, quando i miei  pensieri si rivolsero seriamente alla invenzione.

 

Poi mi resi conto con piacere che potevo visualizzare con grande facilità.

Non avevo bisogno di nessun modello,  disegno o esperimenti. 

Io potevo dipingerli tutti come reali nella mia mente.

 

Così sono stato portato inconsciamente a  sviluppare quello che io considero un nuovo metodo per materializzare concetti ed idee inventive, che è radicalmente opposto a quello puramente sperimentale e secondo la mia opinione molto più veloce ed efficiente.

 

Appena qualcuno costruisce un’apparecchiatura per realizzare praticamente una pura idea, si trova inevitabilmente  impegnato a definire i dettagli dell'apparecchiatura stessa.. 

 

Come questi procede con i miglioramenti e la costruzione, la sua forza di concentrazione diminuisce e rischia di perdere di vista i principi fondamentali importanti.

Risultati possono essere ottenuti, ma sempre a scapito della qualità.

 

Il mio metodo è diverso.

Io non mi precipito sul lavoro reale.

Quando ho un’idea, comincio per prima cosa a costruirla nella mia immaginazione.

Io cambio la costruzione, opero miglioramenti e metto in funzione l'apparecchiatura nella mia mente.

E' assolutamente eguale  per me   sia che faccia girare la mia turbina nel pensiero sia che la provi nel mio laboratorio.

Riesco anche a vedere se è bilanciata o meno.

Non c'è differenza alcuna; i risultati sono i medesimi.

 

In questo modo sono in grado di sviluppare e perfezionare più velocemente un concetto senza toccare nulla .

 

Quando mi sono addentrato profondamente nella visualizzazione della mia invenzione da portarvi ogni possibile miglioramento al punto da non poterne più scorgere alcun difetto in ogni sua parte, metto in forma concreta il prodotto finale del mio cervello.

 

Invariabilmente la mia apparecchiatura lavora come io avevo concepito dovesse fare e gli esperimenti procedono esattamente come io li avevo progettati.

In venti anni non si è verificata la minima eccezione.

Perché poi dovrebbe essere altrimenti?

La progettazione, elettrica o meccanica, è inequivocabile nei risultati.

E' raro trovare un argomento che non possa essere esaminato preventivamente, partendo dai dati teorici disponibili  e dai dati pratici.

 

Il tradurre in pratica una pura idea come generalmente si fa, è, ritengo, nient'altro che una perdita di energia, di tempo e di denaro.

 

La mia vecchia afflizione ha, comunque, un'altra compensazione.

L'incessante esercizio mentale sviluppò le mie capacità di osservazione e mi mise in grado di scoprire una verità di grande importanza.

 

Ho notato che l'apparizione di immagini era sempre preceduta dalla visione reale di scene sotto particolari e generalmente eccezionali condizioni, ed io ero spinto in ogni occasione a localizzare l'impulso originario.

 

Nel frattempo  questo sforzo diventava sempre più automatico ed io acquisivo sempre più facilità nel connettere cause ed effetti.

In breve tempo mi resi conto, con mia grande sorpresa, che ogni pensiero che concepivo era suggerito da un imput esterno.

Non solo questo ma tutte le mie azioni traevano origine in un modo simile.

 

Nel corso del tempo mi divenne perfettamente evidente che io ero semplicemente un automa dotato di capacità DI MOVIMENTO CHE REAGIVA AGLI STIMOLI DEGLI ORGANI DI SENSO E CHE PENSAVA E AGIVA DI CONSEGUENZA.

 

Il risultato pratico di questo fu l'arte della teleautomatica che sarebbe stata attuata solo molto tempo dopo in modo imperfetto.

 

Le sue possibilità latenti sarebbero state alla fine mostrate.

 

Ho passato anni a progettare automi dotati di autocontrollo e credo che potranno essere prodotti meccanismi che agiranno come se possedessero raziocinio, ad un grado limitato, e che creeranno una rivoluzione in molti settori commerciali e industriali.

 

Avevo circa 12 anni di età quando per la prima volta riuscii scacciare una immagine dalla mia immaginazione con uno sforzo caparbio, ma non ho avuto mai nessun controllo sui flash di luce di cui sopra ho parlato.

 

Essi erano, forse, le mie più strane e inesplicabili esperienze.

Esse capitavano solitamente quando mi trovavo in una situazione pericolosa o stressante o quando ero molto allegro.

Alcune volte ho visto tutta l'aria attorno a me piena di lingue di vivido fuoco.

 

La loro intensità, invece di diminuire, aumentava col tempo e apparentemente raggiunse il massimo quando avevo 25 anni.

 

Nel 1883, quando ero a Parigi, un importante industriale mi fece recapitare un invito ad una spedizione di caccia che io accettai.

Ero stato lungamente chiuso in fabbrica e l’aria fresca aveva un effetto meravigliosamente corroborante su di me.

Al mio ritorno in città quella sera, sentii una sensazione positiva tale che il mio cervello sembrava prendere fuoco.

 

Io ero una sorgente di luce come se un piccolo sole fosse localizzato in essa e passai tutta la notte ad applicare impacchi freddi alla mia testa torturata.

Finalmente i flash di luce diminuirono di frequenza e forza ma impiegarono più di tre settimane ad esaurirsi completamente.

Quando mi fu esteso un secondo invito, la mia risposta fu un vigoroso No!

 

Questi fenomeni luminosi si manifestano ancora di tanto in tanto, allorquando una nuova idea facendosi strada mi colpisce, ma essi non sono così a lungo eccitanti, si manifestano con intensità relativamente piccola..

Quando chiudo gli occhi, invariabilmente per prima cosa vedo un fondo blu scuro ed uniforme, non certo come il cielo in un chiaro di luna, anzi come un cielo in una notte senza stelle.

In pochi secondi questo campo si anima con innumerevoli scintillanti faville di color verde, disposte in più piani e avanzanti verso me.

 

Quindi là appare, sulla destra, una bella struttura di due sistemi di linee parallele e strettamente vicine, ad angolo retto l'uno rispetto all'altro, in tutti i tipi di colori dal giallo al verde e oro predominante.

 

Immediatamente in seguito, le linee diventano più luminose e il tutto è spruzzato con punti di luce scintillante.

Questa immagine si sposta lentamente attraverso il campo visivo e in circa 10 secondi svanisce sulla sinistra, lasciando uno sfondo di grigio spiacevole e inerte fino a quando non è raggiunta la seconda fase.

Sempre, prima di addormentarmi, immagini di persone o oggetti aleggiano davanti alla mia vista. Quando li vedo so di essere sul punto di perdere conoscenza.

Se essi sono assenti e rifiutano di venire, significherà una notte insonne.

 

A quale estensione la mia immaginazione giocasse nella mia giovinezza, lo posso illustrare con un' altra esperienza.

Come la maggior parte dei bambini, io provavo piacere nel saltare e avevo sviluppato un intenso desiderio di librarmi in aria.

 

A volte, dalle montagne soffiava un forte vento ricco di ossigeno, che rendeva il mio corpo leggero come sughero; io quindi saltavo e  galleggiavo nello spazio per molto tempo.

Era una sensazione deliziosa e la mia delusione era acuta quando più tardi mi disingannavo da solo.

 

Durante quel periodo ho contratto molti gusti strani, avversioni e abitudini, alcuni dei quali li posso ricondurre ad impressioni esterne mentre altri sono inesplicabili.

Ho avuto un'avversione violenta contro gli orecchini delle donne, mentre altri ornamenti, come braccialetti, mi piacevano più o meno a seconda del loro disegno.

 

Da una parte se la vista di una perla quasi mi procurava un attacco, dall'altra sono stato affascinato dallo scintillio dei cristalli o degli oggetti con spigoli vivi e con superfici lisce.

Non toccherei i capelli di altra gente tranne forse non mi fosse puntato addosso un revolver.

Avrei potuto ammalarmi guardando una pesca e se un pezzo di canfora si fosse trovato in qualunque punto della casa mi avrebbe causato il disagio più acuto.

Anche ora non sono insensibile ad alcuni di questi impulsi sconvolgenti.

 

Quando lascio cadere piccoli quadrati di carta in un piatto riempito di liquido, percepisco sempre un gusto particolare e terribile nella mia bocca.

Ho contato i passi nelle mie passeggiate e ho calcolato il contenuto cubico di piatti di minestra, di tazzine di caffè e di pezzi di cibo, altrimenti i miei pasti non sarebbero stati gradevoli.

Tutti gli atti ripetuti o le operazioni  che eseguivo dovevano essere divisibili per tre e se questo non accadeva mi sentivo in obbligo a farlo dappertutto, di nuovo, anche se questo mi richiedeva ore.

Fino all'età di otto anni, il mio carattere era debole e vacillante.

Non avevo il coraggio o la forza per acquisire una ferma risolutezza.

 

Le mie sensazioni venivano ad ondate e sotto forma di rigurgiti variando  incessantemente tra gli estremi.

I miei desideri avevano una forza struggente e come le teste dell'idra, si moltiplicavano.

Sono stato oppresso in vita da pensieri di dolore, dalla morte e dalla paura religiosa.

Sono stato soggetto a tutta una serie di superstizioni e ho vissuto nel terrore costante dello spirito del male, dei fantasmi e degli orchi e di altri mostri empi dell'oscurità.

 

Quindi improvvisamente, è sopravvenuto un cambiamento tremendo che ha modificato il corso della mia esistenza intera.

Di tutte le cose i libri sono stati quelli che ho più amato.

Mio padre aveva una grande libreria e ogni volta che potevo frequentarla ho cercato di soddisfare la mia passione per la lettura.

Egli non me lo permetteva e si arrabbiava grandemente quando mi coglieva sul fatto.

Mi nascondeva le candele quando mi sorprendeva a leggere di nascosto.

Non voleva per timore che mi rovinassi gli occhi.

Ma mi procurai del sego, feci degli stoppini  e colai i bastoni in barattoli di latta e in ogni notte scassinavo la serratura e leggevo, spesso fino all'alba, quando tutti gli altri dormivano e mia madre iniziava la sua dura attività giornaliera.

Una volta mi sono imbattuto in una novella intitolata  'Aoafi,' (il figlio di Aba), una traduzione serba di uno scrittore ungherese ben noto, Josika.

Questo lavoro ha in qualche modo risvegliato i  miei poteri assopiti  e ho iniziato a praticare l'autocontrollo.

 

Dapprima le mie risoluzioni si sono dissolte come neve ad aprile, ma in breve tempo ho superato la mia debolezza e ho provato un piacere che non avevo mai conosciuto fino al momento cioè di riuscire a fare ciò che rispondeva al mio volere.

Nel corso del tempo questo vigoroso esercizio mentale è diventato naturale.

All'inizio i miei desideri venivano repressi  ma  gradualmente desiderare e volere cominciarono a diventare la stessa cosa.

Dopo  anni di tale disciplina  ho conseguito una così profonda conoscenza di me stesso che mi sono divertito con le passioni che hanno portato alla rovina anche gli uomini più forti.

 

A una certa età ho contratto la mania per il gioco d'azzardo, fatto questo  che ha preoccupato non poco i miei genitori.

Sedersi ad un tavolo da gioco era diventato per me la quintessenza del piacere.

Mio padre ha sempre condotto una vita esemplare e non poteva certamente perdonare la perdita insensata del mio tempo e del mio denaro.

Mi sono imposto fortemente di smettere, ma la mia filosofia non era corretta.

 

Avrei voluto dirgli, 'posso smettere quando voglio, ma ne vale la pena se con esso potrei rinunciare a quello che acquisterei (solamente) con le gioie del paradiso?'

 

In frequenti occasioni mio padre ha dato sfogo alla sua ira e al suo disprezzo, ma mia madre era diversa.

Lei conosceva  il carattere degli uomini e sapeva che la salvezza di uno può avvenire solo attraverso i propri sforzi.

 

Un pomeriggio, ricordo, quando avevo perso tutto il mio denaro e desideravo ardentemente giocare, lei venne da me con un rotolo di banconote e mi disse, 'Vai e divertiti. Prima perdi tutto quello che possediamo, meglio sarà. So che lo supererai.'

Aveva ragione.

Ho superato la mia passione da quel momento in poi e mi dispiace solo di non essere stato altre cento volte così risoluto e forte. 

Non solo l'ho vinto ma l'ho strappato dal mio cuore in modo da non lasciare la più piccola  traccia di desiderio.

Da quel momento  sono stato completamente  indifferente a qualsiasi forma di gioco d'azzardo spenna polli.

Durante un altro periodo della mia vita, ho fumato eccessivamente, rischiando di  rovinare la mia salute. Ma poi la mia volontà si è imposta da sola e non solo mi ha fermato  ma ha distrutto tutta l'inclinazione.

Tempo addietro ho sofferto di difficoltà di cuore fino a quando non ho scoperto che era a causa della tazza innocente di caffè che  consumavo ogni mattina.

Ho cessato immediatamente, sebbene devo confessare  che non fu facile.

 

In questo modo ho controllato e ho imbrigliato altre abitudini e passioni e ho preservato non solo la mia vita ma ho derivato una quantità immensa di soddisfazione da quello che la maggior parte degli uomini considererebbe  privazione e sacrificio.

 

Dopo avere finito gli studi al Politecnico e all'Università, ho sofferto di un grave esaurimento nervoso e durante il corso della malattia ho osservato molti fenomeni, strani e incredibili..