Capitolo 3

Come Tesla concepì il campo magnetico rotante

 

All'età di dieci anni sono entrato al Real gymnasium che era un nuovo e ben attrezzato istituto.

Nel reparto di fisica c’erano diversi modelli di apparati scientifici classici, elettrici e meccanici.

Le dimostrazioni e gli esperimenti  realizzati di tanto in tanto dagli istruttori mi affascinavano ed erano indubbiamente un incentivo potente all’invenzione.

Ero anche appassionato agli studi matematici e spesso sono stato elogiato dal professore per la rapidità di calcolo.

 

Questo era dovuto alla mia acquisita capacità di visualizzare le figure ed eseguire l'operazione, non nel solito modo intuitivo, ma come nella vita reale.

Fino a un certo grado di complessità era assolutamente lo stesso per me scrivere i simboli sul quaderno o metterli insieme prima nella mia visione mentale.

 

Ma il disegno a mano libera, a cui molte ore del corso erano dedicate, era una seccatura che non potevo sopportare.

Questo era piuttosto rimarchevole poiché la maggior parte dei membri della mia famiglia eccellevano in esso.

Forse la mia avversione era semplicemente  dovuta alla predilezione che trovavo nel pensiero indisturbato. Se non fosse stato per alcuni ragazzi eccezionalmente stupidi, che non erano capaci di fare proprio nulla, le mie votazioni sarebbero state le peggiori.

 

Era uno svantaggio grave poiché sotto quel regime didattico il disegno era una materia obbligatoria e questa insufficienza minacciava di danneggiare la mia carriera intera e mio padre ebbe considerevoli difficoltà nel farmi passare da una classe all’altra.

 

Nel secondo anno di quell’istituto sono stato ossessionato dall'idea della produzione del movimento continuo mediante aria compressa.

L'incidente della pompa, di cui ho parlato, aveva messo a fuoco la mia immaginazione giovanile e mi aveva impressionato con le possibilità illimitate del vuoto.

 

Avevo un desiderio frenetico  di sfruttare questa energia inesauribile ma per molto tempo andavo a tentoni nell'oscurità.

Infine, tuttavia, i miei tentativi si cristallizzarono in un'invenzione che mi permise di ottenere quello che nessun altro mortale aveva mai tentato.

 

Immaginate un cilindro liberamente rotante su due alberi e parzialmente circondato da una depressione rettangolare che gli si adatta gli perfettamente.

 

Il lato aperto della depressione è incluso da una partizione in modo che il segmento cilindrico all'interno della chiusura divida l'ultimo in due compartimenti completamente separati l'uno dall'altro da giunti scorrevoli.

 

Sigillato uno di questi compartimenti, e fatto il vuoto all’interno di esso, lasciando l’altro aperto, ne risulterebbe una rotazione perpetua del cilindro.

 

Almeno, così pensavo.

Un modello di legno fu costruito ed equipaggiato con attenzione infinita e quando applicai la pompa su un lato e effettivamente osservai che c'era una tendenza alla rotazione, ero delirante di gioia.

 

Il volo meccanico era una cosa che avrei voluto realizzare sebbene fosse ancora vivo il ricordo scoraggiante di una caduta saltando con un ombrello dalla sommità di un edificio.

 

 

Ogni giorno ero solito trasportarmi attraverso l'aria fino a regioni distanti ma ora non riesco a capire come potessi farlo.

Ora sono in possesso di qualcosa di concreto, una macchina volante con niente di più di un albero rotante, che sbatte le ali, e; - il vuoto dalla potenza illimitata!

 

Da allora in poi ho fatto le mie escursioni aeree giornaliere in un veicolo di conforto e lusso degno del re  Salomone.

Trascorsero diversi anni  prima che capissi che la pressione atmosferica agiva ad angolo retto rispetto alla superficie del cilindro e che il leggero sforzo rotante che avevo osservato era dovuto ad una perdita!

Sebbene acquisissi questa conoscenza gradualmente essa mi diede  un colpo doloroso.

 

Completai con difficoltà il mio corso al Real Gymnasium quando fui prostrato da una malattia pericolosa; secondo i medici la mia condizione era talmente disperata che vi rinunciarono.

 

Durante questo periodo mi è fu consentito di leggere costantemente, riuscendo ad ottenere tutti i libri che desideravo dalla biblioteca pubblica che era stata  così trascurata da affidarmi il compito di classificazione delle opere e la preparazione dei cataloghi.

 

Un giorno ho avuto per le mani alcuni volumi di un nuovo genere letterario che  non avevo mai letto prima e così affascinante da farmi dimenticare completamente il mio stato disperato.

Erano le opere recenti di Mark Twain e ad esse si potrebbe imputare la miracolosa guarigione che sopravvenne.

Venticinque anni più tardi, quando  incontrai il Sig. Clements e nacque un'amicizia tra noi, gli dissi dell'esperienza e mi stupii nel vedere quel grande uomo della risata irrompere in lacrime...

 

I miei studi proseguirono presso il corso superiore del Real Gymnasium a Carlstadt, Croazia, dove risiedeva una delle mie zie.

Lei era una signora distinta, la moglie di un colonnello di cavalleria che aveva partecipato a molte battaglie;  non potrò mai dimenticare i tre anni passati nella loro casa.

 

Nessuna fortezza in tempo per guerra era tenuta sotto una disciplina più rigida.

Sono stato alimentato come un canarino.

 

Tutti i pasti erano della qualità più alta e deliziosamente preparati, ma piccoli nella quantità del mille per cento.

Le fette di prosciutto tagliato da mia zia erano simili a fazzoletti di carta.

Quando il colonnello metteva qualcosa di sostanzioso sul mio piatto lei lo toglieva e diceva con eccitazione; "Fai attenzione". "Niko è molto delicato".

Avevo un appetito vorace e ho sofferto le pene di Tantalo.

 

Ma ho vissuto in un'atmosfera di raffinatezza e di gusto artistico abbastanza insolito per quei tempi e quelle condizioni.

 

Il territorio  era basso e febbre e malaria non mi hanno mai abbandonato malgrado le quantità enormi di chinino che consumavo.

 

Certe volte il fiume straripava e portava con se un esercito di topi negli edifici, che divoravano tutto, anche i fasci di paprica piccante.

 

Queste pesti erano per me un ben accetto diversivo.

Ho assottigliato le loro file con tutti i tipi di mezzi, la qual cosa mi ha conferito la distinzione non invidiabile di cacciatore di ratti della comunità.

Finalmente, tuttavia, completai il mio corso, la miseria finì e ottenni il certificato di maturità che mi condusse ad un bivio.

 

Durante tutti quegli anni i miei genitori non avevano mai abbandonato la loro risoluzione di farmi abbracciare il sacerdozio, il cui solo pensiero mi riempiva di terrore.

 

Avevo maturato un profondo interesse per l'elettricità sotto l'influenza stimolante del mio professore di fisica, che era un uomo ingegnoso e che spesso faceva dimostrazione dei principi fondamentali utilizzando apparecchiature da lui stesso costruite.

Tra queste, ricordo un dispositivo dalla forma di bulbo liberamente rotante, realizzato con fogli di stagnola, che era messo in rotazione rapida quando veniva collegato a una macchina elettrostatica.

È impossibile per me far comprendere quale fosse l’intensità delle emozioni che provavo nel presenziare alle sue esposizioni di questi fenomeni misteriosi.

Ogni impressione produceva mille echi nella mia mente.

 

Volevo conoscere di più di quella forza meravigliosa; a lungo ho sperimentato ed indagato rassegnandomi all’inevitabile con il cuore pieno di dolore.

 

Quando mi stavo preparando  ad affrontare il lungo viaggio per tornare a casa ricevetti una lettera nella quale mio padre esprimeva il desiderio che io partecipassi ad una spedizione di caccia.

Era una richiesta strana dato che egli si era sempre  opposto duramente a questo genere di sport.

Ma alcuni giorni più tardi seppi che il colera infuriava in quel distretto e, sfruttando un'opportunità presentatami, ritornai a Gospic a dispetto dei desideri dei miei genitori.

 

È incredibile come la gente fosse assolutamente ignorante delle cause di questo flagello che visitava il paese ad intervalli da quindici a venti anni.

Essi pensavano che gli agenti mortali venissero trasmessi attraverso l'aria e così la riempivano di odori e fumo pungenti.

Contemporaneamente essi bevevano tranquillamente l'acqua infetta e morivano a decine.

Ho contratto la malattia terrificante lo stesso giorno del mio arrivo e benché sopravvissi  alla stessa, fui costretto a letto  per nove mesi con quasi nessuna capacità di movimento.

 

La mia energia era completamente esaurita e per la seconda volta mi sono trovato sul punto di morte.

In uno dei periodi di peggioramento che si pensa siano la fine, mio padre entrò nella stanza.

Vedo ancora la sua faccia pallida e ricordo come egli tentasse di rallegrarmi in toni che smentivano la sua rassicurazione.

"Forse", dissi, "potrei migliorare se tu mi  permettessi di studiare ingegneria".

"Tu andrai nel miglior istituto tecnico nel mondo", rispose solennemente e sapevo ciò voleva dire.

 

La mia mente fu sollevata da un ben pesante fardello ma il sollievo sarebbe giunto comunque troppo in ritardo se non fosse stato per una cura meravigliosa ottenuta con un decotto amaro di un fagiolo particolare.

Ritornai alla vita come Lazzaro tra la completa sorpresa di tutti.

Mio padre insistette perché io passassi un anno in un ambiente salubre cosa alla quale acconsentii con riluttanza.

Per la maggior parte di quel periodo girovagai nelle montagne, caricato dell’equipaggiamento completo di un cacciatore e di un fascio di libri e questo contatto con la natura mi rese più forte nel corpo e  nella mente.

 

Pensavo e progettavo e ho concepito molte idee quasi tutte illusorie.

La visione era chiara a sufficienza ma la conoscenza di principi era molto limitata.

In una delle mie invenzioni mi ero proposto di spedire lettere e pacchi attraverso i mari, attraverso un tubo sottomarino, in contenitori sferici di robustezza sufficiente a resistere alla pressione idraulica.

L'impianto di pompaggio, progettato per forzare l'acqua attraverso il tubo, è stato con precisione raffigurato e progettato e tutti gli altri particolari furono completati con attenzione.

Non trascurai nessun dettaglio, anche quelli insignificanti.

 

Assunsi un valore arbitrario per la velocità dell'acqua e, cosa più notevole, ebbi  il piacere di renderla più elevata, arrivando così a prestazioni stupende supportate da calcoli impeccabili.

 

Riflessioni ulteriori, comunque, sulla resistenza delle tubazioni al flusso del fluido mi hanno indotto a rendere questa invenzione di pubblico dominio.

 

Un altro dei miei progetti prevedeva la  costruzione di un anello intorno all'equatore che, naturalmente, avrebbe dovuto galleggiare liberamente e che si sarebbe potuto arrestare nel suo movimento di rotazione sfruttando le forze reattive, permettendo così il viaggio a una velocità di circa mille miglia all’ora, impraticabile per ferrovia.

Il lettore sorriderà.

Il piano era di difficile esecuzione, ammetterò, ma non meno valido di quello proposto da un professore ben noto di New York, che voleva pompare l'aria da zone torride a quelle temperate, dimenticando completamente che il Lord (Kelvin?) aveva previsto una macchina gigantesca per questo scopo.

 

Ancora un altro progetto, di gran lunga più importante e più interessante, fu quello che prevedeva di ricavare potenza dall'energia rotatoria dei corpi terrestri.

Avevo scoperto che gli oggetti sulla superficie della terra a causa della rotazione diurna del globo, sono portati dallo stesso alternativamente verso e contro la direzione del movimento traslatorio.

Da questo risulta un grande cambiamento della quantità di moto che potrebbe essere utilizzato nel più semplice modo immaginabile per fornire forza motrice in qualsiasi regione abitabile del mondo.

Non posso trovare parole per descrivere la mia delusione quando più tardi mi sono reso conto di essermi trovato nelle medesime problematiche difficoltà di un Archimede, che inutilmente cercava un punto  fisso nell'universo.

 

Al termine della mia vacanza sono stato inviato al Politecnico di Graz, in Styria (Austria), che mio padre considerava come una delle più vecchie e migliori istituzioni.

 

Quello era il momento che avevo aspettato con impazienza e iniziai i miei studi sotto buoni auspici fermamente risoluto a riuscire.

Il mio addestramento precedente era sopra la media, a motivo degli insegnamenti di mio padre e delle opportunità concessemi.

Avevo acquisito la conoscenza di molte lingue e viaggiato attraverso i libri di numerose librerie, raccogliendo informazioni più o meno utili.

 

Quindi, per la prima volta, potevo scegliere le materie di studio da me preferite e il disegno a mano libera  non mi avrebbe più infastidito.

 

Avevo deciso di fare una sorpresa ai miei genitori e durante tutto il primo anno ho regolarmente avviato il mio lavoro alle tre della mattina e ho continuato fino alle undici di notte, domeniche e vacanze incluse.

 

Poiché la maggior parte degli studenti che seguivano il mio corso prendevano le cose con leggerezza, li superai con facilità in tutte le votazioni.

Nel corso dell'anno superai nove esami e i professori pensavano che meritassi le più alte valutazioni.

Forte del loro certificato di valutazione tornai a casa per un breve riposo, aspettandomi un trionfo e fui mortificato quando mio padre constatò con sufficienza questi onori da me conquistati con grande fatica.

Questo fatto arrivò quasi ad uccidere la mia ambizione; ma più tardi, dopo la sua morte, soffrii nel trovare un pacchetto di lettere che i professori gli avevano scritto nelle quali lo avvertivano che se non mi avesse portato via dall’istituto mi sarei ucciso per l’eccesso di lavoro.

 

In seguito mi sono dedicato principalmente alla fisica, alla meccanica e alla matematica, passando le ore del mio tempo libero nelle librerie.

Avevo un vera e propria mania  nel perfezionare ciò che iniziavo, cosa che mi ha messo spesso in difficoltà.

 

In un certo periodo ho iniziato a leggere i lavori di Voltaire, quando ho appreso, con mio spavento che erano quasi cento i grandi volumi in piccoli caratteri che quel mostro aveva scritto mentre beveva settantadue tazze di caffè nero al giorno.

Doveva essere fatto, ma quando ho messo da parte quell'ultimo libro ero molto felice e ho detto, "Mai più"!

 

L'esposizione del mio primo anno mi aveva procurato l'apprezzamento e l'amicizia di numerosi professori.

Tra i questi, il Professor Rogner, che insegnava  aritmetica e geometria; il Professore Poeschl, che aveva la cattedra di fisica teorica e sperimentale e il Dr. Alle, che insegnava calcolo integrale ed era specializzato in equazioni differenziali.

Questo scienziato era il conferenziere più brillante che abbia mai ascoltato.

 

Egli prese a cuore i miei progressi e rimaneva frequentemente una o due ore nella sala di lettura, dandomi problemi da risolvere, nei quali mi dilettavo.

A lui ho spiegato una macchina volante che avevo concepito, non un'invenzione illusoria, ma basata sul suono, principio scientifico, che è diventato realizzabile attraverso la mia turbina e che presto sarà dato al mondo.

Sia il Professor Rogner che Poeschl erano uomini curiosi.

Il primo aveva un modo particolare di esprimersi e ogni volta lo ha faceva, c'era una rivolta, seguita da una lunga imbarazzante pausa.

Il professore Poeschl era un tedesco metodico e coi piedi saldamente ancorati a terra.

Aveva  piedi e  mani enormi come le zampe di un orso, ma tutti i suoi esperimenti erano da lui eseguiti abilmente con precisione da orologio e senza mancanze.

Nel secondo anno dei miei studi  ricevemmo una Dinamo Gramoe da Parigi, che aveva  un magnete di campo laminato a forma di ferro di cavallo e un'armatura avvolta di filo con un commutatore.

 

Fu messo in funzione e vennero mostrati i diversi effetti delle correnti.

Mentre il Professor Poeschl stava facendo dimostrazioni, osservai che il motore che azionava la dinamo aveva le spazzole che davano dei problemi, scintillavano male e feci notare che forse poteva essere possibile gestire un motore senza questi apparati.

 

Ma egli dichiarò che ciò non sarebbe mai stato possibile e mi fece l'onore di tenere una conferenza sull’argomento, alla conclusione della quale egli osservò, "Signor Tesla lei può compiere grandi cose, ma certamente non farà mai questo. Sarebbe come poter convertire una forza ad azione costante, come quella di gravità, in uno sforzo rotante. E’ uno schema di movimento perpetuo, un'idea impossibile".

Ma l'istinto è qualcosa che trascende la conoscenza.

 

Abbiamo, indubbiamente, certe fibre più fini che ci permettono di percepire la verità quando la deduzione logica o qualsiasi altro sforzo intenzionale del cervello, risulta futile.

Per un certo tempo fui preso dal dubbio, influenzato dall'autorità del professore, ma presto mi convinsi di  aver ragione e intrapresi la sfida con tutto l’ardore e con la fiducia illimitata della mia gioventù.

 

Iniziai per prima cosa a dipingere nella mia mente una macchina a corrente continua, la misi in funzione e successivamente cambiai il flusso delle correnti nell'armatura.

Quindi immaginai un alternatore e indagai i progressi che si potevano ottenere operando in un simile modo.

Come passo successivo avrei  visualizzato  sistemi che comprendessero sia i motori sia i generatori e li avrei fatti funzionare in diversi modi.

Le immagini che vedevo erano per me perfettamente reali e tangibili.

Tutto il mio restante tempo in Gratz, lo trascorsi nello sforzo intenso ma infruttuoso di questo tipo di ragionamenti e quasi arrivai  alla conclusione che il problema era insolubile.

Nel 1880 mi recai a Praga, Boemia, seguendo il desiderio di mio padre di completare la mia istruzione presso quella Università. 

 

Fu in quella città che feci un progresso decisivo, consistente nello staccare il commutatore dalla macchina e studiare i fenomeni in questa nuova disposizione, ma ancora senza risultato.

 

Nell’anno seguente ci fu un cambiamento improvviso nella mia visione  della vita.

Mi resi conto che i miei genitori avevano fatto sacrifici troppo grandi per me e decisi di sollevarli da quel carico.

L'onda del telefono americano aveva appena raggiunto il continente europeo e il sistema doveva essere installato a Budapest, in Ungheria.

 

Mi sembrò un'opportunità ideale, tanto più che era un amico della nostra famiglia il direttore a capo dell'impresa.

Fu qui che soffrii dell’esaurimento cui ho accennato.

 

Quello che ho sperimentato durante il periodo della malattia supera qualsiasi immaginazione.

La mia vista e il mio udito erano sempre straordinari.

Potevo distinguere chiaramente oggetti a distanza,  quando altre persone non riuscivano a scorgerne la minima traccia.

Molte volte nella mia fanciullezza ho salvato le case dei nostri vicini dal fuoco riuscendo a percepire i deboli scricchiolii che non disturbavano il loro sonno e chiamando aiuto.

 

Nel 1899, quando avevo più di quaranta anni e conducevo i miei esperimenti in Colorado, potevo sentire molto distintamente rombi a una distanza di 550 miglia.

Il mio orecchio era tredici volte più sensibile del normale, tuttavia in quel momento ero, tanto per parlare, sordo come una pietra in confronto con l'acutezza del mio sentire durante quel periodo di esaurimento nervoso.

A Budapest avrei potuto sentire il ticchettio di un orologio posto a tre stanze di distanza da me.

Una mosca che si posava sul tavolo in una stanza causava un tonfo oscuro nel mio orecchio.

Una carrozza che passava a una distanza di alcune miglia letteralmente scuoteva il mio corpo intero.

Il fischio di una locomotiva venti o trenta miglia lontano faceva vibrare così fortemente la panca o la sedia su cui stavo che il dolore era insopportabile.

La terra sotto i miei piedi tremava continuamente.

Dovevo appoggiare il mio letto su cuscini di gomma per riuscire a dormire.

I rumori ruggenti da vicino e lontano avevano spesso l'effetto di parole che mi avrebbero spaventato se non fossi stato in grado di scomporli nelle loro componenti.

 

I raggi di sole, quando mi colpivano, mi causavano colpi di tale forza sul cervello da stordirmi.

Dovevo richiamare tutta la mia forza di volontà per passare sotto un ponte o  strutture simili, poiché provavo la sensazione di una pressione schiacciante sul cranio.

Nell'oscurità avevo la sensibilità di un pipistrello e potevo rilevare la presenza di un oggetto a una distanza di dodici piedi da una particolare sensazione orripilante sulla fronte.

Il battito del mio polso variava da pochi battiti a duecentosessanta battiti al minuto e tutti i tessuti del mio corpo erano soggetti a contorcimenti e tremiti, che erano forse i più difficili da sopportare.

Un medico rinomato mi aveva ordinato grandi dosi giornaliere di bromuro di potassio, diagnosticando la mia malattia unica e inguaribile.

È con mio eterno dispiacere che in quel tempo non fossi sotto l'osservazione di esperti in fisiologia e psicologia.

Ero disperatamente attaccato alla vita, ma non mi sarei aspettato di ristabilirmi.

 

Chi può credere che un uomo che avesse subito un simile naufragio fisico si sarebbe potuto trasformare in un uomo di forza e di tenacia sorprendenti; capace di lavorare fino ai trent’otto anni quasi senza l'interruzione di un giorno e di trovarsi ancora forte e fresco nel corpo e nella mente?

Questo è il mio caso.

 

Un desiderio potente di vivere e continuare il lavoro e l'assistenza di un amico devoto, un atleta, hanno compiuto il prodigio.

La mia salute ritornò e con essa il vigore della mente.

 

Nell'affrontare nuovamente il problema, quasi mi dispiacque che la lotta finisse così presto.

Mi risparmiai molta energia.

Quando compresi la questione, questo non accadde risolvendo la stessa come spesso agli uomini succede.

Per me era un voto sacro, una questione di vita o di morte.

Sapevo che sarei morto se non fossi riuscito.

In quel momento sentii che la battaglia era vinta.

Nelle profonde rientranze del cervello c'era la soluzione, ma non ero ancora in grado di esternarla.

Un pomeriggio, che sarà sempre presente nel mio ricordo, mi stavo godendo una passeggiata con un mio amico nel parco della città e recitavo una poesia.

A quell'età, conoscevo interi libri a memoria, parola per parola.

 

Uno di questi era il "Faust" di Goethe.

Il sole stava appena sorgendo e mi  ricordò il passaggio glorioso, "Sie ruckt und weicht, der Tag ist uberlebt, Dort eilt sie hin und fordert neues Leben". Oh, da kein Flugel mich vom Boden hebt Ihr nach und immer nach zu streben! " Ein schûner Traum indessen sie entweicht, Ach, au des Geistes Flugein wird so leicht Kein korperlicher Flugel sich gesellen ! "

 

Come  pronunciai queste parole ispiratrici l'idea venne come un lampo di luce e in un istante la verità mi si rivelò.

Disegnai con un bastone sulla sabbia lo  schema mostrato sei anni dopo nella conferenza tenuta presso l'American Institute of Electrical Engineers e il mio compagno lo capì perfettamente.

Le immagini che vedevo erano meravigliosamente nette e chiare e  avevano la solidità del metallo e della pietra, tanto che gli dissi, "Guarda il mio motore, qui"; guardarmi mentre lo inverto". Non posso iniziare a descrivere le mie emozioni.

 

Pigmalione vedendo la sua statua venire alla vita non avrebbe potuto essere più profondamente commosso.

Avrei dato mille segreti della natura sui quali  avrei potuto inciampare casualmente, per quello solo che ero stato capace di sottrarle contro tutte le probabilità di successo e a scapito della mia stessa vita...