Il pensiero della tecnica
28 Mar 2026
Sara Baranzoni

Da tempo stiamo assistendo alla proliferazione di dispositivi tecnici e tecnologici in ogni sfera della nostra esistenza, ma nonostante da sempre ci siamo formati nella cooperazione e coabitazione con tali dispositivi, il modo in cui si è realizzata l’invasione tecnopolitica da parte dell’Intelligenza Artificiale in tutte le sue varianti (chatbot, domotica, smart cities, droni e assistenti di ogni genere) ha silenziosamente sconvolto molte delle abitudini cognitive, sensoriali, relazionali con cui sapevamo orientarci nel mondo. Inoltre, se da un lato si è andati verso una sorta di naturalizzazione acritica dell’intelligenza artificiale, che si è progressivamente inserita nelle sfere della pubblica amministrazione, della sanità, della giustizia, della sicurezza e dell’educazione, dell’arte, dell’informazione e in forme drammatiche anche sul piano bellico, dall’altro si sono prodotti discorsi dal carattere emotivo e ansiogeno, che hanno generato alternativamente narrazioni apocalittiche (per cui la tecnologia finirà per dominarci e distruggerci), tecno-entusiaste (di cui il soluzionismo tecnologico è solo una delle espressioni principali) o totalmente antropocentriche (per cui si rivendica una superiorità morale dell’umanità, capace di fare comunque “buon uso” delle tecnologie verso il proprio beneficio). In tutti questi casi, ciò che salta all’occhio è proprio l’assenza di un vero pensiero critico e diagnostico, che invece di cedere ai discorsi ideologici del mercato e della tecnoscienza o alle forme ingenue di riduzionismo e antropocentrismo si interroghi in modo radicale sulla relazione tra umano e tecnica, al fine di evitare, così come indicato da Carlo Sini, “la quantità impressionante di sciocchezze delle quali i ‘tecnici’ si riempiono la bocca, svolgendo per il senso comune del pubblico una sorta di perenne racconto fantascientifico”. In questo laboratorio proveremo allora a costruire alcuni degli strumenti necessari per tornare a pensare, senza cedere alla tentazione che “qualcosa” lo faccia al posto nostro.
Sara Baranzoni ha conseguito il dottorato di ricerca in Studi teatrali e cinematografici presso l’Università di Bologna nel 2011 con una tesi dal titolo “Pensiero e creazione. Il Theatrum Philosophicum di Gilles Deleuze”. Successivamente è stata assegnista di ricerca presso lo stesso ateneo con un progetto sulle figure della stupidità nella creazione contemporanea, e poi docente universitaria e ricercatrice presso la Universidad de las Artes del Ecuador (2015- 2022), dove ha anche coordinato il corso di laurea in Creazione Teatrale. Le sue ricerche ed insegnamenti si situano nell’ambito delle arti performative, della filosofia contemporanea, filosofia della tecnica ed estetica, delle metodologie della ricerca in arte e humanities, dell’ecologia politica. Ha partecipato a numerosi progetti di ricerca, tra i quali due Horizon2020-MSCA-RISE nei quali ha intrecciato i suoi interessi di ricerca con le problematiche ecologiche e tecnologiche relative alla dimensione urbana e territoriale. Attualmente, collabora come docente a contratto di “Epistemologia delle arti e Intelligenza artificiale” con la facoltà di filosofia della Pontificia Università Antonianum di Roma, presso la quale frequenta anche il dottorato di ricerca in Filosofia. Collabora inoltre con la compagnia teatrale Masque Teatro (Forlì) come tutor di residenze e co-direttrice del festival Crisalide, nonché con l’associazione CRAMS di Lecco, per la quale è codirettrice scientifica del festival di filosofia “Baite Filosofiche” e della scuola di filosofia “Professor Challenger”. Co-fondatrice della rivista di filosofia La Deleuziana, è autrice di numerosi saggi in varie lingue, nonché traduttrice di filosofia contemporanea (tra gli autori tradotti, in particolare Bernard Stiegler, Yuk Hui) e curatrice indipendente (arti visive e arti vive).